L’ALZHEIMER AI TEMPI DEL CORONAVIRUS – Quell’isolamento “inconsapevole”

Coronavirus, questa parola che ormai riecheggia nelle nostre case, nelle nostre menti, nella maggior parte delle nostre conversazioni. Coronavirus, quel “mostro” che ha messo fine a migliaia di vite, minacciato la nostra economia, che ci costringe a casa, isolati, in compagnia dell’essere che più temiamo: noi stessi!

Per ognuno di noi il coronavirus ha significato o significherà qualcosa, tutti ne usciremo in qualche modo compromessi, mutati, evoluti. Ma che significato assume il coronavirus per chi, ormai da tempo, legge la realtà in maniera differente rispetto a noi? Per coloro che non distinguono le stagioni, le giornate e spesso neanche il volto dei familiari? Per coloro il cui contatto con la realtà è la routine quotidiana? Cosa accade se questa routine viene ad essere compromessa?

Pensiamo ai pazienti abituati a frequentare centri diurni, o ricevere terapia domiciliare a casa. Certamente dover far a meno di questi servizi per loro è molto impattante: meno stimoli cognitivi, sociali, meno attività “stancanti” durante la giornata che  li rendono più nervosi o irritabili la sera.

Pensiamo ai pazienti, il cui unico ancoraggio con un mondo perduto e sfumato è rappresentato dalla visita giornaliera di quel figlio, di quel nipote, di cui non ricordano il nome, magari non ricordavano neanche di averlo un figlio, ma conservano fortemente il ricordo emotivo: quella voce, quel profumo che fa sussultare il cuore, che accende un emozione sintomo di certezze in un turbinio di confusione.

Pensiamo a coloro che soffrono di disturbi del comportamento, divorati da un’ agitazione interna che può essere placata solo dal “wandering”, quel vagare senza meta per le strade del proprio quartiere, sottobraccio alla badante, alla figlia, al marito.

Pensiamo a loro, privati ancor di più nelle loro privazioni. Noi tutti, sperimentando la quarantena, dobbiamo affrontare qualcosa di nuovo e soprattutto non del tutto piacevole, ma lo affrontiamo con uno strumento che i nostri cari pazienti non hanno: la consapevolezza!

Loro non sanno perché non possono più uscire, perché non possono andare al diurno, perché  “Ettore” il fisioterapista non viene più con i suoi strumenti e il suo buon umore, perché “Roberta” la neuropsicologa non mi porta più le sue schede e il suo bel sorriso, o peggio, perché mio nipote, mio figlio, mia sorella … non vengono più a trovarmi.

Di certo, come in ogni ambito dobbiamo aspettare con cautela e pazienza che tutto questo passi … ma nel frattempo possiamo fare qualcosa.

Ecco un elenco di Sei attività per caregiver e malati da svolgere durante il giorno suggerite dalla Dottoressa Bruni, stimatissima collega responsabile del centro regionale di Neurogenetica dell’ospedale Giovanni Paolo II di Lamezia Terme in Calabria.

  1. Mantenere i ritmi del risveglio, colazione, toilette, vestirsi, è importantissimo. Cerchiamo di non abbandonarci al pigiama party considerando che “tanto non dobbiamo uscire e non viene nessuno a trovarci”.
  2. Possiamo sempre telefonare e video chiamare amici e parenti lontani…
  3. Piccoli esercizi di ginnastica da fare insieme durante la giornata, brevi passeggiate intorno al palazzo o anche nelle stanze di casa, ci aiutano a rilassarci.
  4. Tirare fuori tutte le vecchie foto, raccontare e farsi raccontare.
  5. Cucinare insieme, fare piccole cose insieme e rifarle all’infinito come la tela di Penelope. E poi disegnare, pregare, cantare e ascoltare musica, ridere… insieme
  6. Trovare un obiettivo della giornata salvo cambiarlo in corso d’opera sorridendo con leggerezza, con la leggerezza ritrovata e la riscoperta di affetti sopiti …

Nelle situazioni di maggiore difficoltà si ha la possibilità di riscoprirsi e tirare fuori le migliori risorse, vi auguro di trovare le vostre!

Nell’ attesa di potermi sedere nuovamente accanto a voi ad ascoltare i  racconti, la vostra storia, e come avete affrontato questo difficile momento, vi abbraccio virtualmente sperando che tutto vada per il meglio.

Claudia Morleo

 

6 Comandamenti per chi Assiste un Parente con Demenza

sintomi-alzheimerAssistere un malato di Alzheimer è estremamente difficoltoso, ma a volte basta poco per rendere meno pesante questo oneroso compito. Oggi voglio fornirti sei semplici regole da seguire, una sorta di promemoria, delle linee guida che ti possono accompagnare in questo difficile percorso.

Ecco i 6 comandamenti per chi assiste un parente con demenza:


1 – NIENTE NOVITA’

Il paziente viaggia su un suo binario che deve sempre restare tale. Dunque mai sottoporlo a novità: anche semplicemente cambiare il colore del copridivano per lui può essere fonte di stress. Evitare di portarlo a casa di parenti se questo sappiamo gli procura disagio perché quella è una casa che lui non conosce e dalla quale vorrà fuggire il prima possibile.

2 – EVITA I RIMPROVERI

Se sei genitore pensa al motivo per il quale rimproveri tuo figlio quando fa qualcosa di sbagliato: affinché appunto impari che quella cosa non si fa! Il rimprovero dunque è funzionale all’ apprendimento, ma per un cervello malato, che ha perso questa capacità, che utilità ha? Nessuna! Per il vostro caro, il rimprovero risulterà inutile, l’unico effetto che sortirà è creare tanta frustrazione! 

3 – NON RAGIONARE CON LA TUA TESTA!

Il paziente vive in una dimensione spazio-temporale che spesso non corrisponde alla realtà, tuttavia non dobbiamo sperare che si renda conto dell’errore nel suo pensiero: quello è il suo pensiero! E va bene cosi! Inutile incaponirci quando fa o dice qualcosa di non corretto, accettiamo benevolmente. Se oggi per il paziente è il 6 dicembre, accettiamolo! Senza cercare di imporgli nulla.

Allucinazioni? Ecco come Gestirle!

Alcuni tipi di demenza come la LBD Lewy Body Dementia ( Demenza con corpi di Lewy ), il Parkinson – Demenza o alcune forme di demenza, compresa l’ Alzheimer, nelle fasi più avanzate, hanno come caratteristica la presenza di allucinazioni. Queste spesso diventano di difficile gestione. Che fare? In questo articolo voglio darti innanzitutto delle delucidazioni su cosa sono le allucinazioni, sul perchè della loro presenza e sopratutto scriverti dei consigli pratici su come gestirle. Ovviamente in presenza di allucinazioni è sempre bene rivolgersi ad un neurologo, perchè spesso necessitano di un intervento farmacologico.

Un’allucinazione è qualcosa che uno crede di udire, vedere, sentire, ma che non esiste nella realtà ed è in genere di natura spiacevole. Delirio paranoide, d’altro canto, significa che la persona ha una convinzione di natura persecutoria che non è fondata (ad es. che il postino volutamente nasconda delle lettere importanti). Purtroppo, a causa della sua difficoltà di comunicazione, il malato di demenza tende a sentirsi sempre più isolato, ed ha poche possibilità di confrontarsi e riflettere con altre persone.

I malati di demenza soffrono spesso di alterate identificazioni deliranti. I tipi più frequenti di identificazioni alterate riguardano parenti o persone addette all’assistenza che vengono ritenuti degli impostori, oppure la convinzione che visitatori immaginari vivano nella propria casa. Spesso si manifesta anche l’incapacità di riconoscere la propria immagine allo specchio o scambiarla per quella di qualcun altro (lo shock nel vedere riflessa l’immagine di un vecchio è anche legato a problemi di memoria) e l’errata visualizzazione delle figure televisive che vengono percepite come cose reali.

Inoltre, come conseguenza del danno cerebrale, alcuni malati di demenza possono anche confondere o interpretare erroneamente ciò che vedono, sentono o gustano. Per esempio, possono lamentarsi perché un dolce è salato, perché una musica leggera è troppo forte o perché fuori fa un freddo glaciale quando in realtà c’è un sole che spacca le pietre. 
Allucinazioni e deliri possono provocare paure intense o scatenare comportamenti aggressivi. Il malato di demenza deve far fronte a una situazione che non capisce e che non riesce a controllare.
All’inizio la nostra impotenza ci da un senso di smarrimento e di frustrazione. Non dimentichiamo però che possiamo sempre aiutare la persona malata offrendole sicurezza e prendendo le necessarie precauzioni per ridurre le probabilità che il problema si ripeta… Ecco per te Qualche Aiuto:

Alzheimer: Ecco Come affrontare la Malattia! Domande/Risposte

Gestire un paziente con malattia di Alzheimer è un compito arduo ed estenuante dal punto di vista fisico ed emotivo, ma il problema principale è causato sopratutto dalla disinformazione.

Spesso leggo negli occhi dei figli, mariti, mogli la disperazione e il senso di impotenza: il vero problema non è la malattia, ma il non sapere come affrontarla.
Scopo di questo mio articolo e fornire un aiuto concreto. Ho cercato di mettere insieme le domande che più frequentemente mi vengono poste e di dare una risposta

DIMENTICA, E’ CONFUSO, SMEMORATO… VUOLE ANDARE DA SUA MADRE

Questa malattia erode i ricordi in senso retrogrado, prima quelli a breve termine e progressivamente i ricordi di anni, fino a lasciare ben poco materiale. Il paziente si ritrova in un tempo mentale che non corrisponde a quello del calendario. Inutile svenarvi se non ricorda la data, o cosa ha mangiato a pranzo: a meno che non sia il 15 gennaio e lui sostenendo che ci troviamo in piena estate pretende di uscire a maniche corte, lasciamolo nelle sue convinzioni! Vi ripete sempre la stessa domanda? Un po’ di pazienza e rispondete ogni volta. Vuole andare dalla mamma morta ormai anni fa? Distraiamolo! Evitiamo di dirgli che il genitore in questione è morto perchè lui non lo ricorda e potremmo sconvolgerlo. Magari portiamolo in giro in macchina per poi tornare a casa e sostenere di essere arrivati alla meta da lui richiesta, questo sicuramente lo aiuterà.

NON MI RICONOSCE! SONO SUA FIGLIA, MA CREDE CHE IO SIA SUA SORELLA       

Questo è dovuto a quella che in Neuropsicologia è definiamo Prosopoagnosia, ovvero la difficoltà a riconoscere i volti. Il paziente riconosce il volto come familiare, ma non lo colloca correttamente. Dunque il tempo mentale di 20 anni fa, più la difficoltà a riconoscere il nome a cui appartiene il volto, fa si che il familiare riconosca la figlia come mamma. Su questo in genere non c’è niente da fare, si può solo assecondare quanto dice, rassegnandosi al fatto che nel paziente si è creato un altro mondo al quale tu non hai accesso. L’unico contatto possibile è essere la persona che crede tu sia, per cui se ti chiama con il nome di tua madre o di sua sorella, allora devi diventare quella persona. Inutile intestardirsi in qualsiasi spiegazione razionale, finiresti per sprecare le tue energie e non farebbe alcuna differenza…